La scuola è morta: viva la scuola!

La scuola è morta: viva la scuola! Homeschooling, scuole natura, nel bosco, all’aperto, itineranti e capovolte, private, scuole intorno ad un pensiero ispiratore… E la scuola pubblica? Quella dei banchi in fila, dei fiocchi, dei buoni e dei cattivi, quella dei premi, delle gare, quella dell’autoritarismo, della burocrazia spinta agli estremi, quella del primo della classe si, quella dei genitori inconsapevoli, dei bambini “fogli bianchi su cui scrivere” è morta. La scuola fatta senza consapevolezza si, è morta. La scuola che non conosce le basi per lo sviluppo neurofisiologico delle abilità è morta. Oggi si cerca una nuova sostanza più attenta alle fondamenta, la vita è cambiata, i bambini sono cambiati, le esigenze sono cambiate, la scuola arranca, sepolta da mille leggi, normative, circolari, tutele, prassi, valori: i vecchi sistemi di insegnamento sono ormai improponibili: c’e’ smarrimento. Chi può si organizza nell’offerta o si organizza nel cercare alternative per offrire ai propri figli una crescita scolastica ed educativa più realistica, sviluppativa, rispettosa.
Silvana: “…la scuola pubblica non è che sta morendo perché si stava meglio prima, poiché questa scuola è figlia di quella e troppo spesso le è simile nella sostanza, nei metodi, nei programmi effettivamente svolti. Forse bacchettate non ne ricevono più, ma umiliazioni impalpabili, giudizi a sproposito, sedie rosse della “meditazione” già nelle materne, nozionismi fuorvianti, forzature interpretative sono ancora presenti, ne soffrono i bambini, i genitori e tutti quegli insegnanti che si spendono senza respiro proprio affinchè il cambiamento non sia qualcosa che resta sulla carta. La capacità reale di favorire integrazione, relazionalità e collaborazione spesso sono miraggi. Bimbi “vivaci” additati come “problematici” e “sfiancanti” al punto che vanno certificati, vessati e BESsati a vita; progetti per le nuove frontiere della didattica che non riescono a decollare poiché gli insegnanti non li applicano o non li possono applicare… È ancora la scuola dell’autoritarismo e della competitività, quella di insegnanti che comandano bambini non più “analfabeti e inconsapevoli”. C’è più agio, meno figli e un po’ di conoscenze scientifiche che hanno portato persino i programmi ministeriali a promuovere il rispetto delle specificità individuali, la collaborazione e creazione del gruppo (nessuno escluso!) come base di ogni programma formativo. I nostri figli vogliono risposte e vogliono adulti che se ne prendano la responsabilità”
Silvana: Si, il disagio è forte e lo esprimono anche i lavoratori della scuola: docenti e dirigenti sono spesso sprovvisti di strumenti adeguati per mettere in pratica ciò che questi tempi richiedono loro. Sono frustrati e spesso le certificazioni possono essere viste, anche senza volerlo, come un’ancora di salvezza per posare il fardello dell’impotenza di fronte alla difficoltà, nemmeno personale, quanto sempre più spesso logistica ed operativa, di entrare in relazione “dedicata” con gli studenti. Mi riferisco alla scuola dell’obbligo ed in particolare alla materna e alla primaria, poiché vedo che la vita scolastica dei nostri figli viene segnata all’incirca tra i tre e gli otto anni di età. In questo periodo di tempo un dato importante del loro disagio si esprime attraverso il bisogno imprescindibile di movimento che stride con la prassi ancora consolidata dei banchini e di attività di letto-scrittura che vogliono vedere i bimbi subito abili nel controllo del corpo da seduti. Bambini che di contro, presentano sempre più spesso i sintomi inequivocabili di una “povertà di occasioni di movimento”, sintomi spesso mal riconosciuti ed interpretati. Le difficoltà che i bambini esprimono ad eseguire le “comande” generano molti e preoccupanti fraintendimenti sulle reali cause. Purtroppo spesso vengono messe in atto punizioni, anche velate e impalpabili, relative a regole di confinamento del comportamento molto strette. Troppo spesso, anche senza scomodare certificazioni, qualche bambino viene eufemisticamente etichettato come “molto vivace” diventando spesso il capro espiatorio delle difficoltà del gruppo. Questo è il primo paradosso che i nuovi modelli di scuola stanno eliminando: le scuole all’aperto e tutte le pedagogie nuove, che poi si radicano per lo più negli insegnamenti di Montessori, Pestalozzi, Steiner e Neill, restituiscono ai bambini la loro legittima libertà di movimento e la loro autonomia di scoperta dell’ambiente e di regolazione dei loro bisogni primari, eliminando così tantissimi ostacoli tra gli insegnanti e il processo di apprendimento.
NU: Hai messo il dito nella piaga: le sofferenze piu’ grandi, a scuola le ho avute proprio quando venivo bloccata nelle mie legittime necessità fisiologiche e di espressione. Anche se per i bambini “non difficoltati” è un fastidio, in breve tempo troveranno un adattamento ai confini imposti; per chi ha delle difficoltà di sviluppo, piccole o grandi, diagnosticate o meno, le limitazioni fisiche diventano “torture non riconosciute tali” e fonte di “etichettature” che, volenti o nolenti andranno a delineare personalità, figure e ruoli sociali. Naturalità, fisicità, consapevolezza, movimento, sensorialità, tattilità, giocosità nei processi di apprendimento, alfabetizzazione alla vita concreta, conoscenza del proprio corpo reale: sono le “materie scolastiche” che mancano, le grandi assenti nelle mattinate dei nostri figli, e quando ci sono, spesso è per incidentalità….
Silvana: Osservando mio figlio fuori dall’ambiente scolastico, ho potuto osservare questo spontaneo meccanismo di apprendimento intervallato con libera attività fisica: quello che ho notato fin dai suoi primi gattonamenti è che le sue curiosità verso interessi più intellettuali come la lettura, i numeri o qualche tecnica manuale specifica, sono intervalli tra un movimento e un’esplorazione, tra un’osservazione e un lancio in corsa sul prato. Mi sono sempre chiesta come mai non venissero messi in atto a scuola, proprio questi schemi di apprendimento naturali e universali: sarebbero dei semplici accorgimenti che potrebbero alzare il livello di benessere dei bambini e quindi di tutto il personale; creare spazi più accoglienti dove sia possibile stare scalzi – noto che tutti i bambini che vengono in casa nostra tolgono subito le scarpe – e avere sufficiente ed adeguato spazio per assumere posizioni comode per ascoltare una spiegazione o scrivere o esprimere creatività. Esistono già esempi di scuole in movimento con attrezzature create ad hoc, tuttavia secondo me, anche con poco si potrebbe fare già tanto, in attesa di cambiamenti anche più profondi e radicali. Vanno messe in atto le modifiche gia’ possibili, per dare corpo a questa necessità. Una volta che sia dato spazio alla fisicità dei bambini con tutto quel che di positivo comporta per il loro sviluppo, i modelli di didattica potrebbero finalmente diventare esperienziali e gli argomenti potrebbero scaturire dalla naturale sete di sapere tipica in ogni bambino, facendo attenzione a proporre loro conoscenze aggiornate e neutrali. Come dicevi tu all’inizio, i bambini non sono fogli bianchi su cui scrivere, ma individui da accompagnare rispettosamente nei loro processi di crescita e sviluppo, qualunque sia il loro punto di partenza.
Silvana Alterio, shiatsuka e mamma, si occupa attivamente di stimolare e promuovere iniziative sociali volte al miglioramento della qualità della vita nelle scuole.
Marzo 2017
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